26° FESTIVAL INTERNAZIONALE DI MODA E FOTOGRAFIA DI HYÈRES26° FESTIVAL INTERNAZIONALE DI MODA E FOTOGRAFIA DI HYÈRES

Ieri, oggi, domani (e anche dopodomani) al Festival di Hyères.
In questo periodo, da 26 anni, a Hyères (nel sud della Francia) va in scena l’omonimo Festival, appuntamento imperdibile dedicato a moda e fotografia, tra i più innovativi e importanti: due concorsi, 10 candidati per ognuno e due giurie, che alla fine decreteranno i vincitori.

Ma è la semplice presenza nella rosa dei finalisti a essere di per sé una grande opportunità e appunto questa è la finalità della manifestazione diretta da Jean-Pierre Blanc e che vede tra i suoi partner nomi come LVMH, L’Oréal Professionel, Chloé, Première Vision, Swarovski o Galeries Lafayette: fare da trampolino di lancio e facilitare lo sviluppo di contatti professionali utili per nuovi talenti, che, al di là di ogni distinzione, sono parte di un universo sospeso tra arte, moda e fotografia.
Nel capolavoro cubista di Villa Noailles – che ha inscritti nel dna i segni del mecenatismo degli originari proprietari – si affolla tutti gli anni un pubblico variegato e in costante crescita, formato per lo più da designer, industriali, cacciatori di tendenze, galleristi, direttori di department store ma anche da “semplici” appassionati e curiosi (l’ingresso è libero).

In 3 giorni di conferenze, incontri, mostre (visitabili fino al 29 maggio e di cui parleremo nel prossimo post) e sfilate (da segnalare anche quella della vincitrice della scorsa edizione, Alexandra Verschueren) il fulcro è rappresentato dalle due competizioni; scendiamo quindi nel dettaglio, partendo dalla moda.
Ecco i 10 selezionati dalla giuria (composta,tra gli altri, da Christopher Kane, Lazaro Hernandez e Jack McCollough, Carla Sozzani e Tim Blanks di style.com e presieduta da Raf Simons): Juliette Allaume e Marie Vial (Francia), che dal tema dello spaventapasseri pervengono a singolari figure futuriste e sperimentali;
Juliette Allaume e Marie Vial. Photo: Yann Gross

 

Mads Dinesen (Danimarca), che tratteggia attraverso sua collezione maschile una riflessione sul passato coloniale del proprio paese;

Mads Dinesen. Photo: Yann Gross


Michael Kampe (Germania), il cui lavoro è incentrato sulla trasformazione dei classici dell’abbigliamento maschile attraverso il concetto di frammentazione;

Michael Kampe. Photo: Yann Gross


Maryam Kordbacheh (Olanda), che presenta delicate sculture di stoffa, ispirate alle formazioni organiche del mondo naturale;

Maryam Kordbacheh. Photo: Yann Gross


Oriane LeClerq (Belgio), attratta dalla  fascinazione delle superfici levigate e sintetiche come il latex;

Oriane LeClerq. Photo: Yann Gross


Janosch Mallwitz (Germania), artefice della terza collezione maschile, che, partendo dai cliché della cerimonia del diploma delle scuole americane, riflette su giovinezza, identità e iniziazione al mondo adulto;

Janosch Mallwitz. Photo: Yann Gross


Emilie Meldem (Svizzera), che ha trasfuso in un minimalismo decorativo il dualismo del suo paese, diviso tra modernità e tradizione, libertà e restrizioni;

Émilie Meldem. Photo: Yann Gross


Céline Méteil (Francia) con la sua successione di candidi abiti-origami, tutti giocati sull’uso della giaconetta, una mussola sottile, di norma adoperata per prove sartoriali e biancheria intima;

Céline Méteil. Photo: Yann Gross


Oda Pausma (Olanda), artefice, all’opposto, di una sfilata di silhouette allungate e all black in seta e pelle, muta testimonianza di un amore finito;

Oda Pausma. Photo: Yann Gross


e infine, Léa Peckre (Francia), che, affascinata dalla bellezza serena e densa di contrasti dei cimiteri, ha delineato una collezione scevra da simboli religiosi o macabri ma che – in bilico tra scultoreità, ricami lignei, trasparenze e colori terrosi – parla di un mondo affascinante e misterioso (ElectroMode “voterebbe” per lei).

Léa Peckre. Photo: Yann Gross


Due i premi che saranno assegnati: il Gran Premio della Giuria L’Oréal Professionel e il Premio Première Vision, a cui si aggiunge quello democratico del pubblico, che potrà votare alla fine dei défilé alle Salins des Pesquiers.

Per quanto riguarda invece la sezione fotografica la giuria (formata, tra gli altri, da Faye Dowling di Dazed & Confused, Magdalene Keaney della Fashion Space Gallery di Londra o da Winfried Heininger, fondatore della casa editrice specializzata Kodoji Press) ha portato in finale i seguenti 10 fotografi: Andrey Bogush (Russia/Finlandia), il cui progetto “Rainbow” prende le mosse dalla teoria della Gestalt e dalla percezione degli oggetti;
Andrey Bogush, Daffodil Flowers on Color Papers, Rainbow, 2010


Kim Boske (Olanda), che, ispirata dal tempo e dalla mutevolezza delle cose, condensa nelle sue fotografie fenomeni fisici, impossibili da vedere a occhio nudo;

Kim Boske, I go walking in your landscape, 2010


Émile Hyperion Dubuisson (Francia/USA), che, come sul set di un film anni Trenta, opta per un netto bianco e nero stampato su fragile carta di giornale;

Émile Hyperion Dubuisson, Fashion Study – Model Bryson, 2010


Katarina Elvén (Svezia), che indaga le immagini costruite per suscitare sentimenti e la relazione ambigua tra esse e gli oggetti raffigurati;

Katarina Elvén, Composition, Boxes, Stones And Other Objects, 2010


Ina Jang (Sud Corea/USA), che gioca con immagini quasi bidimensionali, volte a rendere tangibili le proprie idee, in cui hanno un ruolo determinante oggetti quotidiani come carta e batuffoli di cotone;

Ina Jang, Onigiri, World, 2009


Anouk Kruithof (Olanda), il cui piccolo giornale, Daily Exhaustion, pagina dopo pagina segue il progressivo esaurimento (reale o fittizio?) dell’artista, maniaca del lavoro;

Anouk Kruithof, The Daily Exhaustion, 2010. Photographie du magazine

Mårten Lange (Svezia), che evidenzia il surrealismo insito nella fotografia, un mezzo creato per documentare la realtà che però ha dato vita a una sorta di mondo a parte;
Mårten Lange, Anomalies, 2009


Marie Quéau (Francia), che con collage e sfalsamenti di proporzioni tratteggia un luogo mai visitato, l’isola giapponese di Oshima, terra del mostro Gojira, metafora della paura delle armi nucleari;

Marie Quéau, Gojira, 2010


Awoiska Van Der Molen (Olanda), immersa nel bianco e nero di remoti paesaggi, che alla valenza geografica uniscono quella psicologica;

Awoiska van der Molen, Sans titre, 2009


Marc Philip Van Kempen (Olanda), che, ricreando a grandezza naturale quanto raffigurato in immagini tratte dal web o dalla televisione e rifotografando il tutto, esplora i confini tra tangibile e virtuale.

Marc Philip van Kempen, Composite Space VI, City, 2010-2011


Moda e Fotografia: tante visioni differenti, tante esperienze e culture per una dimensione in cui peculiarità e diversità sono un pregio, tutto senza limiti di età, genere, provenienza e tema. Al Festival di Hyères chiunque può partecipare; servono solo talento e creatività.




Le immagini raffiguranti gli outfit dei designer in concorso sono di Yann Gross, vincitore della sezione fotografica del Festival di Hyères dello scorso anno.



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