LONDON FASHION WEEK – Spring-Summer 2012LONDON FASHION WEEK – Spring-Summer 2012
Antonio Berardi dà corpo a una sorta di principessa guerriera, avvolta in un’aura argentea da mitologia fantascientifica.
– a capi più strutturati come il bolero armatura
o i vestiti sagomati, dalle spalle imbottite e con lucidi inserti di vernice a metà strada tra Metropolis e la fata Morgana.
Ecco perché anche la canonica rivisitazione del trench prevede questa volta – insieme a varianti in pelle e a righe
o longuette e arricciate, proprio come le gonne –
intrecci di rafia e perline, tessere geometriche di legno (che si ritrovano anche sui pull)
e fantasie del continente nero,
le stesse che dominano anche per giacchini, gonne e abiti drappeggiati.
Altro sottotema è il parka, imposto come capospalla alternativo in tutte le declinazioni possibili: spinato a rilievo come il trench,
mini tipo bolero, classico ma con cinture in vita oppure a motivi afro o tinta unita ma con maniche in pelle intrecciata.
Per quanto riguarda gli accessori, interessanti i mocassini open toe con zeppa all’uncinetto,
le shopping bag con fasce di differenti nuance, le cinture, le tracolle e le pochette che ripropongono l’intreccio.
Non lo so, fatto sta che Kane come sempre c’è riuscito, prendendo un po’ a pretesto il punto di partenza per arrivare anche a dire qualcosa di nuovo in fatto di stampe e decori. E così il rivestimento rétro delle pareti diventa lucido broccato floreale in colori pastello e lurex
oppure in marrone e azzurro con tagli e inserti trasparenti – che vogliono suggerire proprio l’aspetto vissuto degli ambienti delle foto –
oltre a tratteggiare una struttura geometrica tra l’origami giapponese e il bon ton anni Sessanta, ossatura di buona parte degli outfit;
ma ancora hanno a che fare con i wall sticker delle ex compagne di scuola del giovane Christopher i grandi fiori effetto decoupage con bordi glitterati
e quelli splendidi e tridimensionali, magicamente inseriti all’interno di evanescenti tessuti trasparenti in organza e alluminio e belli anche nella più tradizionale variante stampata.
Tutta l’ultima parte – compresi i jeans, frutto della collaborazione con J Brand –
brilla per la preziosità di fitti intarsi di cristalli, che, se a un occhio “inesperto” ricorderebbero l’Alhambra o il Taj Mahal, nel caso di Kane non possono che provenire da una giornata fortunata in un flea market.
i pesci tropicali
e i fiori in technicolor
di questa collezione non sono infatti casuali né soltanto il frutto di un accostamento riuscito e creativo ma sottendono la volontà di delineare visivamente il confronto/scontro tra natura da un lato e progresso – ovvero produzione industriale e logiche di profitto – dall’altro. È per questo che gli abiti combinano incredibili bagliori metallici e barattoli anneriti con fiori lussureggianti, squame, uccelli
e paesaggi subacquei, densi di coralli, attinie e banchi di pesci colorati. E se il metallo può anche assumere le sembianze iperrealistiche di megacoccarde e cinture bullonate,
gli strascichi nella versione plissé somigliano a pinne, altrimenti a sterminati vivai olandesi o a immersioni lungo la barriera corallina;
così, giusto per ricordarci che cosa potremmo perdere.
Venendo alle silhouette, bisogna dire che – per quanto provviste di elementi asimmetrici – risultano più semplici e lineari del solito (si pensi alla presenza della maglia),
anche se sul finale non mancano i miniabiti con ricche gonne drappeggiate a pouf
e un vero e proprio vortice di fiori metallici e barattoli, sintesi “imperfetta” di realtà opposte, questa volta realmente in 3D.
Marios Schwab mixa felicemente essenzialità, trasparenze ottenute con l’uso di voile doppiato, rete o vinile e silhouette anni Quaranta – in cui spalle e punto vita sono enfatizzati solo grazie a tagli strategici -, per un risultato davvero contemporaneo, sensuale e femminile, illuminato qua e là da bagliori metallici e cristalli.
Bora Aksu interpreta la lingerie in modo completamente anomalo; si tratta di un intimo un po’ d’antan, con colori fané come il carne, qualche tonalità accesa e il finale in nero e blu. Trasparenze, ruche e intrecci riescono incredibilmente a dare linfa a una sfilata delicata e originale, che niente ha a che vedere col concetto di sexy.
Giles Deacon, ispirato da Symphony in Silver di Cecil Beaton
e dal carillon settecentesco Silver Swan del Bowes Museum,
manda in scena una collezione accecante, pervasa da argento e toni luminescenti – intervallati di tanto in tanto dal carne -, in cui forme lineari si alternano ad altre teatrali mentre il tema del cigno dilaga nelle fantasie e nel profluvio di piume.
Da Jonathan Saunders si assiste a un piacevole susseguirsi di stampe e colori, declinati con estrema femminilità in una lunga sequenza di abiti e anche di gonne, bluse e spolverini, tutti invasi da arabeschi e ramage barocchi (montati su voile doppiato color carne) in tonalità tenui, candy e acide.
Matthew Williamson si rinnova con digitalizzazioni di motivi orientali e immagini di Tokyo, che animano capi semplici, caratterizzati da nuance intense – arancio, corallo, verde e senape -, qualche drappeggio e cinture a mo’ di obi; di tanto in tanto riemerge lo spirito hippy chic ed è sempre un bel vedere.
Altre immagini: 1. John Milton; 2. John Chamberlain; 3. Mila, School of Monodactylus argenteusswim above dead corals at Madagascar, April 2005; 4. Tumblr; 5. CecilBeaton, A Symphony in Silver, Tumblr; 6. Silver Swan, The Bowes Museum
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