Paris haute couture – SS 2017 – I pezzi cult
PARIS HAUTE COUTURE – SS 2017
Il fatto che non indosseremo mai un capo haute couture (non che col prét-à-porter cambi molto) è talmente scontato che quasi quasi non si prova nemmeno un po’ di sana invidia.
Fa comunque bene sapere che c’è un universo altro in cui il marketing non è riuscito ancora a contaminare tutto (più o meno), si continua a creare in libertà e dove sarti, ricamatori e artigiani maniaci del perfezionismo hanno diritto di esistere. Anche se per questo bisogna ringraziare “sultane”, “petroliere”, “oligarche” e così via (meglio non pensarci). Senza contare le varie star da Oscar a cui però in genere dopo il red carpet tocca rispedire tutto al mittente.
Ora, se io fossi Emma Stone, Meryl Streep, Ruth Negga o Isabelle Huppert non starei troppo a pensarci e mi orienterei direttamente su una cosa qualsiasi di Valentino, che siano pepli, sottovesti romantiche o tuniche gioiello (Pier Paolo Piccioli orfano della Chiuri a messo a segno la più bella e raffinata sfilata della manifestazione).
Natalie Portman no, perché in quota Dior. Ma scommetto che qualcosa troverà tra i vestiti da donna-fiore in versione “relax” partoriti da Maria Grazia Chiuri. Nel caso di Chanel l’alternativa è tra gli abiti di cristalli, quelli strapieni di ruche o ancora quelli piumati del finale. Peccato per i restanti due terzi della collezione. Infine Giambattista Valli che propone i suoi must, abiti asimmetrici o giant da gran sera, fiori, ricami preziosi. Bello, ma un po’ déja vu.
Valentino. Ispirazione: antica Grecia. Pezzo cult: il peplo plissé da sacerdotessa greca. Mi piacciono: le cappe e gli abiti-cappa per la loro raffinatezza e perché ricordano i capi haute couture del Valentino anni ’60, le sottovesti romantiche con ruche e fiori di organza, i colori pastello polverosi, la collezione tutta. Non mi è piaciuto: o mi è piaciuto meno, l’unico abito sgargiante, quello fucsia
Christian Dior. Ispirazione: archivi Dior. Pezzo cult: l’abito plissé soleil con pannelli asimmetrici. Mi piacciono: la giacca Bar rivisitata in versione plissé, alcuni abiti da sera con bustier e gonne ampie, i copricapo con piume e fiori di Stephen Jones
Chanel. Ispirazione: Syrie Maugham e Alberto Giacometti. Pezzo cult: il completo di seta con blusa e gonna arricciata in vita da vera diva anni ’30. Mi piacciono: a dire il vero mi è piaciuto un terzo della collezione, principalmente gli abiti del finale con cristalli e piume effetto Ginger Rogers, i trionfi di ruche e la particolare piegatura del tessuto visibile nel primo look in piccolo. Non mi sono piaciuti: i tailleur a scatola troppo da signora e gli abiti ad anfora. Le modelle sembravano infagottate, persino grosse, il che è tutto dire
Giambattista Valli. Pezzo cult: Il miniabito bordeaux con strascico. Mi piacciono: le stampe e i decori effetto tavola botanica, i ricami preziosi. Non mi sono piaciuti: l’effetto piegatura da ferro da stiro dei primi capi e un certo senso di déjà vu
PEZZO STRA-CULT
Il cappotto col tulle a contrasto che disegna un volto è il capo più folle, artistico e onirico visto a Parigi. Probabilmente anche uno dei più difficili da indossare, ma questo non ha mai spaventato John Galliano
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