PARIS FASHION WEEK – SS 2014: Louis Vuitton …..PARIS FASHION WEEK – SS 2014: Louis Vuitton …..
Questo post sulla Paris Fashion Week arriva in ritardo perché la vita o meglio la morte prevale su tutto. Purtroppo un grave lutto ha colpito me e mio fratello rendendomi impossibile nelle ultime due settimane dare spazio a qualsiasi altra cosa. Adesso, con molta fatica, provo a riprendere il discorso, forse più per me che per voi che avrete già letto, visto e rivisto ogni collezione chi sa quante volte.
Premetto che ho un debole per le sfilate parigine. Più creative, chic, spettacolari? Non so, magari spesso semplicemente più in linea col mio gusto. Eppure stavolta – con le dovute eccezioni – le ho trovate un po’ sotto tono, come coperte da un velo di stanchezza. Si vola sempre alto, ovviamente, ma è l’imprevista vitalità milanese a porre il suo sigillo sulla p-e 2014.
Oggi le mie preferite ovvero Louis Vuitton, Christian Dior, Miu Miu, Rochas e Undercover. Poi (se tanto per cambiare riuscirò a tenere fede ai miei programmi) Givenchy, Dries Van Noten, Saint Laurent, Valentino, Lanvin e Chloé. E infine Ann Demeulemeester, Céline, Chanel, Comme des Garçons, Jean Paul Gaultier, Stella McCartney e Carven. Facciamo così: dividiamo tutto in almeno due puntate.
LOUIS VUITTON
Una coltre luttuosa si spande sulla passerella di Louis Vuitton. Dopo 16 anni questa è l’ultima volta di Marc Jacobs (sostituito quasi certamente da Nicolas Ghesquière) e Marc la celebra intonando il de profundis a modo suo. 16 anni in cui la maison Vuitton è passata da uno status appannato a una posizione di supremazia a colpi di collezioni e sfilate memorabili con scenografie oniriche e grandiose.
Alcuni dei superbi allestimenti concepiti negli anni sono radunati in versione dark a formare un percorso ossessivo tra ascensori, giostre, fontane, porte, scale mobili e orologi che vanno al contrario.
L’idea della primavera è lontana. Tutto è nero (con l’eccezione di qualche tocco di denim), cupo eppure scintillante, come se a indossare il lutto fosse una soubrette delle Folies Bergère.
Non a caso ad aprire lo show è Edie Campbell che – ricoperta dei graffiti di Stephen Sprouse e a braccia allargate – sembra una moderna trasposizione delle dee Déco tratteggiate da Erté.
A seguire una parata di creature diafane con alti copricapo di piume corvine firmati Stephen Jones che ricordano la Gloria Swanson di Male and Female.
Giaietti vittoriani, suggestioni anni Venti, elementi sportswear e streetstyle si fondono in un mix eclettico che alterna abiti gioiello, sontuosi veli decorati sovrapposti a boyfriend jeans e stivaletti da motociclista,
divise da football americano e biker jacket tempestate di cristalli, leggings luccicanti e body da Ziegfeld Follies.
Una summa del suo lavoro, un omaggio alle 34 donne (Miuccia Prada e Rei Kawakubo in primis) che lo hanno sempre ispirato, una sfilata indimenticabile.
Louis Vuitton by Marc Jacobs mi manca già.
Look preferito:
CHRISTIAN DIOR
In un giardino lussureggiante va in scena un altro tassello dello stile Dior nell’interpretazione di Raf Simons; la griffe in cui eleganza fa rima con opulenza vista con gli occhi di un minimalista.
E il risultato fonde una forte rilettura delle silhouette con scelte cromatiche in grado di trasformare i fiori di Monsieur in qualcosa di molto poco tranquillizzante + un pizzico di punk e di frasi criptiche.
I capisaldi della maison tagliati e riplasmati in una versione attualizzata, forse più subdola, ma inequivocabilmente Dior.
Il plissé soleil assume andamenti asimmetrici e si abbina a maglie sottili, le camicie maschili diventano abiti che lasciano svagatamente scoperta la schiena, le giacche doppiopetto s’indossano con pencil skirt invisibili.
Nuova linfa per la linea ad anfora e per quella a boule, tramutata in strisce danzanti.
La giacca Bar è il nucleo. Destrutturata, effetto criss cross ad abbracciare il busto e soprattutto con splendidi pannelli floreali sul retro apre e chiude una sfilata impeccabile.
Il finale è una sorta di ulteriore defilé con i modelli caratteristici in nero e broccato argento contrassegnati dallo stemma “di famiglia”.
Accessori: borse status symbol in coccodrillo e pitone, collier a grappolo e ai piedi l’evoluzione spaziale del sandalo con tacco a spillo.
Look preferito:
MIU MIU
Zuccherosa e inquietante quanto basta, Miu Miu come al solito riesce a essere chic, cool e desiderabile maneggiando un concentrato piuttosto kitsch e rétro.
La riflessione di Miuccia parte dal tema dei classici. Che cos’è classico e perché lo è? Quali sono i classici del vestire borghese e quali quelli del trash? Pescare dall’uno e dall’altro ambito cose assurde che sembrano appena uscite da un mercatino delle pulci e fonderle in qualcosa di unico e speciale per lei è un attimo. E così cappottini e completi baby – per bene, svasati, dall’aria legnosa e decisamente anni Sessanta – vanno a braccetto col vinile – per gonne e dettagli di improbabili pellicce Swinging London -,
bizzarri abiti paralume si affiancano a una pioggia di Swarovski per un finale da showgirl vagamente Twenties.
Tutto in una cornice di calzettoni traforati, borsette da Regina Elisabetta, stivali allacciati, plateau e scarpe bon ton.
Favolose le stampe tappezzeria con musi di volpi, pesci guizzanti, fiori e cacatua. In versione pattern, cristallizzate o ritagliate e applicate su capi in camoscio e pelle siglano i look indimenticabili di questa collezione.
Belli occhiali e choker in plexiglass.
Look preferito:
ROCHAS
Passo d’addio anche per Marco Zanini che dopo cinque anni lascia Rochas.
Sarà direttore creativo della neonata maison Elsa Schiaparelli, mentre al suo posto arriverà Alessandro Dell’Acqua. Ma questa è un’altra storia.
La storia che invece m’interessa oggi è quella della sua ultima, deliziosa sfilata.
Ispirato da Zoo di Vetro o forse da ciò che evoca il titolo dell’opera di Tennessee Williams, Zanini manda in passerella una sequenza di look cristallini che sembrano d’acqua, dai colori caramellosi alla Ladurée, delicati e bon ton ma con assolute bizzarrie in quanto a dettagli e proporzioni.
Ogni cosa è luminescente, dal plissé soleil dei vestiti indossati con piccoli cardigan alle gigantesche rose tappezzeria che fanno bella mostra su gonne e soprabiti,
dalle ruche effetto marshmallow ai cristalli infilati in lunghe collane e termosaldati, dal pizzo al broccato carta di cioccolatino.
Le gonne sono ampie come tutù oppure dritte;
qualche capo di taglio maschile fa da contrasto;
l’atmosfera generale ha un che di sottilmente demodé, sospesa tra anni Cinquanta e Sessanta.
La follia definitiva alle estremità: le ballerine stile cugino Itt con piume di struzzo spazza-terra fanno concorrenza alle decolleté di visone di Céline. Prossimo, sicuro avvistamento ai piedi di Anna dello Russo.
Look preferito:
UNDERCOVER
Ipnotica, la collezione di Jun Takahashi ha conquistato il mio animo dark con palindromi e anagrammi enigmatici virati in nero, rosso, blu e bianco.
La soundtrack della Savages zittisce tutti. Nel mondo di internet e dei social network si parla e si scrive troppo, a quanto pare. Ecco perciò parole a caratteri cubitali su pochette da avambraccio, t-shirt, felpe e tunichette: binomi come God/Dog, Silent/Listen, Insult/Sunlit, Noise/Thoughts, Cruelty/Splendor scandiscono misteriosi slittamenti di significato e l’eterna contraddizione tra essere e apparire in un’epoca schiacciata tra l’innaturalità della connessione continua e l’impossibilità di farne a meno.
Una schizofrenia venata quasi di sadomaso. Sarà per questo che sul complesso mix di sportswear, punk, Oriente e maschile s’innestano in maniera grafica anche suggestioni fetish.
Maniche a pagoda, busti, baschine, cinghie, fiocchi, vinile, cinture-camicia di forza, strisce e catene carcerarie si sovrappongono in look incredibili.
Bellissimo il chiodo e gli outfit con patchwork fotografici e pvc rosso.
Finale al buio con le scritte a led che risplendono nell’oscurità.
Look preferito:
Immagini via Vogue
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